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Racconti

Io e le barche a vela

le barche che ho posseduto

Era il 1976, avevo appena 6 anni, quando mio padre tornando a casa da un viaggio di lavoro, mi racconto' di avere visto una barca a vela in legno, che appariva in disuso. Parlandone con un amico decisero di andare a vedere se era possibile acquistarla e qualche giorno più tardi, mio fratello assieme ad alcuni amici la recuperò e la portò a casa. La barca non vedeva manutenzione da molti anni, la vernice era scrostata e apparivano diversi strati di colore che la facevano apparire ancora più vecchia. Nonostante questo, con un po' di impegno e passione veniva rimessa a nuovo in tutta la sua bellezza.

Una Finestra sul Mare di G.Boselli

si può fare? Ma certo!!!!

E’ da tempo che provo a vivere questa avventura, ma a volte per mille motivi non riesco mai a mettere in atto quelle cose che mi piacciono tanto, vuoi per colpa del tempo meteorologico, vuoi per quello cronologico e per tutti gli impegni che si accavallano...c'è sempre qualcosa di prioritario che ti costringe a rimandare! ma poi mi sono detto, fisso una data e la rispetto, e cosa scelgo? La notte rosa... Voi vi chiederete ...di cosa sto parlando? E' presto detto: di un week end di 3 giorni di camping nautico in solitario ed in assoluta autonomia sul Delta del Po, a bordo del mio catamarano.

 

Un tranquillo week end di Paura sul Brenta

Domenica 24 maggio 2009,

Finalmente è arrivato il grande giorno ed ecco che alcuni soci ardimentosi, vogliosi di cimentarsi con le acque tumultuose del fiume Brenta, si sono svegliati alle prime luci dell’alba, caricato canoe, salvagente e pagaie sui rispettivi mezzi di trasporto (compreso lo splendido furgone Wolkswagen 8 posti turbo combinato, dotato dei più moderni confort) prestato per l’occasione dal Circolo Nautico di Goro, con carrello portaimbarcazioni allegato e sono partiti alla volta dell’avventura.

Le Vele di Pasqua 2005

Tommaso Mancini Racconta

Antefatto

Quando avevo 17 anni mi appassionai allo sport del windsurf e questo, successivamente, mi portò a farne la mia professione. Frequentavo, allora, tutte le fiere e le manifestazioni dove si poteva vedere e parlare di windsurf, e non c’era occasione che l’attenzione non mi cadesse su dei bellissimi filmati girati in california o nelle isole hawaii, dove bellissimi catamarani colorati, sfrecciavano veloci tra onde e vento che solo “la..“ si trovava . Questi catamarani erano gli hobie cat 16 e in quei filmati erano condotti mirabilmente da spericolati “aquaman” hawaiani che poi imparai a conoscere come Larry Stanley, Pete Cabrina,Rich Naish e Holy Swaitzer, tutta gente che poi fece parlare molto di se nel mondo dei pionieri del wind surf .

 

Piccola avventura sul mar Adriatico

Antefatto della storia.
Alcuni anni fa, agli inizi della neonata sezione velica del Circolo Nautico Volano, mi occupavo dell’organizzazione delle "regatine di circolo" e mi venne in mente di organizzare una regata, con lo spirito del record d’attraversata dell'oceano Atlantico, sul percorso; spiaggia di Volano circolo-Faro di Goro.
Si doveva stabilire un record della tratta, che é di circa 10 miglia, direzione Est-Ovest andata e ritorno compresi; non spiego la macchinosa rilevazione dei tempi, ma la cosa poteva essere fatta, sia con spirito agonistico sia con fare turistico, poiché il tentativo di record poteva essere effettuato in solitario o singola imbarcazione in qualunque giorno della stagione estiva. Purtroppo la cosa destò solo interesse a "chiacchiere" e nessuno si era cimentato nell’impresa. Fu così che un pomeriggio di fine estate Io, il Dart ed un mio ex amico, decidiamo che era giunta l'ora di dare il buon esempio. Supportati da un vento di scirocco sui 15 nodi, favorevole per l'impresa, e sotto gli occhi di due soci testimoni, prendiamo il mare e finalmente determiniamo un tempo da battere.
Neppure questo stimolo smosse i nostri soci, dal limitarsi a commentare a parole la prova…e venne così l'inverno.
L’inverno è passato arriva l'estate... Il record non interessava ancora a nessuno; forse, pensai ...era necessario che il buon esempio fosse dato sotto gli occhi "dei riflettori" di tutti i soci. Questa volta mi cimenterò nell'impresa di domenica, con molti testimoni, sarà un successo. Programmai l'impresa di sabato, consultando prima le previsioni meteo.
Incredibile..... il meteo dava: sole, vento moderato da Sud Ovest, richiamato da eventuali temporali pomeridiani all'interno, in rotazione nel tardo pomeriggio da Nord Est, debole moderato. Non potevo sperare in condizioni più favorevoli, avremmo navigato sempre al gran lasco…fantastico, proprio come in Atlantico, sospinti dall’aliseo.
La domenica ero carico, il meteo ci aveva azzeccato, sole, vento debole ma tendente da Sud Ovest.
Preparo la barca e ingaggio il mio prodiere, ”la Gigia” (io sono il Gigio) che passa disinvoltamente dal lettino ad un’impresa come “Il Record”; basta non coinvolgerla troppo nei preparativi. Lei è come un chirurgo, arriva quando il campo operatorio è pronto, tutta equipaggiata, opera e se ne va. Annuncio a tutti i presenti le mie intenzioni, sbrigo le formalità per l’omologazione del tentativo e porto il Dart in riva. La spiaggia era affollata, era una splendida giornata estiva, come poche se ne vedono, cielo limpido e sole accecante.
Nessuno immaginava, cosa sarebbe arrivato di lì a poco.
L’euforia del momento mi gioco un brutto scherzo, m’impedì di valutare bene l’evolversi delle condizioni meteo. Grossi cumulo nembi si erano affacciati ad ovest, alcuni avevano già la base scura, il vento era rinforzato, ma si notava poco, data la copertura offerta della pineta, ma i windsurf fuori, non mentivano. Veloce controllo della barca, é tutto in ordine si parte con il vento in poppa, sotto gli occhi di numerosi soci. Appena fuori del corridoio issiamo il gennaker nero e voliamo sospinti al granlasco. Il Dart navigava veloce sull’acqua piatta, saremo arrivati al faro con un tempo eccezionale.
Man mano che ci allontanavamo da riva, il vento diventava sempre più cattivo, le raffiche erano così forti che temevo per l’integrità del gennaker e il mare non era più piatto, ma si era alzata un’onda corta e ripida che in discesa, questa colpiva il trampolino a poppa e faceva saltare il Dart come fosse un cavallo imbizzarrito. Ammainiamo il gennaker. Riducendo la velatura di 14 mq, le cose migliorano, ora la navigazione é più tranquilla, ma inizio a pensare che forse é il caso di rinunciare all’impresa. Gigia aveva già pronunciato la frase; “non è meglio ritornare?”
Decidemmo, che sarebbe stato meglio riparare sullo scanno, che ormai era a meno di un quarto di miglio (ancora non immaginavo, che sarebbe stato il quarto di miglio più lungo della nostra vita).
Alle nostre spalle, la spiaggia non era più visibile, la sabbia alzata dal vento la nascondeva. Già, ma quale vento può far alzare la sabbia in quella maniera, non certo quello che ora ci stava facendo volare di granlasco.
Mi resi conto, che a riva il vento era ruotato e che ora soffiava da N-NE e che di lì a poco, sarebbe toccato a Noi.
Il vento che ci stava spingendo si spense all’improvviso, come se si fosse staccata la spina, rimanevano le onde, ma del vento più nulla, sulle vele non cera più pressione e la riva era lì, a meno di quel quarto di miglio.
Passarono poco più di 30 secondi ed ecco che una nuvola di sabbia si stava alzando dallo scanno e ci veniva addosso. Sabbia e acqua nebulizzata proprio dritto sul naso del Dart.
Era come un ruggito assordante, eravamo seduti uno accanto all’altra ed a fatica udivamo le nostre voci. Gigia mi gridò……e adesso cosa facciamo???
Gli gridai di cazzare un poco il fiocco, il quale sbatteva con una forza inaudita.
Cazzai la randa, poggiai leggermente, tenendo per la barra i timoni e Gigia che non ama le mezze misure, cazzò decisamente il fiocco che ormai tormentato dal vento si lacerò alla base e Gigia, che era saldamente aggrappata alla scotta di questo, per poco non finì fuori bordo, la afferrai per un braccio sorreggendola ed ancora mi gridò, con la scotta del fiocco fra le manim, ormai inservibile per sostenerla …….e adesso cosa facciamo???
Fu una bolina durissima, era impossibile tenere gli occhi aperti, acqua sopra e sotto mista a sabbia, gocce di pioggia che facevano male, la temperatura si era abbassata sensibilmente. Io spavaldamente ero partito in costume e così ancora ero; eravamo in un inferno umido.
Le onde che si erano formate, sembrava che ci ricacciassero indietro, sapevo che Noi gliel’avremmo fatta, ma temevo che se non fossimo riusciti a portare a riva il Dart, questo si sarebbe seriamente danneggiato. Il fondale è basso in prossimità dello scanno, sapevo che sarei potuto scendere e tirarlo a mano, la riva era lì, ma non ero sicuro di quanta acqua ci fosse. Decisi di scendere e per fortuna l’acqua mi arriva alla cintura, andai immediatamente a prua, ma la cosa non era semplice come sembrava, tirai come un mulo per contrastare le onde, che mi facevano perdere contatto con il fondo ogni volta che c’investivano, aggrappato alla prua del Dart, non lo mollavo. Gridavo a Gigia di sollevare i timoni e ci mise un po’ prima di riuscirci, (mi è nota la sua poca dimestichezza con congegni meccanici, specialmente i timoni del Dart).
Ormai gliel’avevamo fatta, eravamo a riva.
La randa sbatteva a destra e a sinistra facendo ondeggiare il Dart anche in secca. Il fiocco o per meglio dire, ciò che rimaneva del fiocco faceva il rumore della cartolina, che da piccoli si metteva fra le ruote della bici per farle fare il motore.
Ammainiamo tutto, assicuro il Dart al terreno, tramite la cima di ribaltamento ed un tronco interrato, perché il vento non voleva saperne di calare e infilandosi fra i due scafi, tendeva ad alzare il catamarano.
Ci allontaniamo dal bagnasciuga per paura dei fulmini, che si sprigionano dalle nubi basse e scure riparandoci in uno dei numerosi capanni di canna, che d’estate sono costruiti sullo scanno. In quel momento di relativa calma, guardandoci attorno, vediamo come la natura possa scatenarsi in breve e con quale forza, anche nel piccolo Mar di Volano.
Dopo mezz’ora di quest’inferno sembra che il vento si calmi, comunico tramite il cellulare con il circolo del nostro scampato pericolo e che non abbiamo bisogno di assistenza, e che anche a riva il vento si è calmato.
Issiamo la randa e si parte, verso riva in andatura di granlasco. Non faccio molta strada, che nel canale fra lo scanno alto e quello basso, vedo avanzare, un’“ocheria” impressionante e in meno che non si dica, ricevo uno schiaffo sulla randa che non mi da nemmeno il tempo di orzare e ci troviamo a scuffiare in avanti, come se una grande mano ci avesse colpito.
Scivolo sul trampolino e finisco in acqua, Gigia mi guarda dall’alto seduta sullo scafo in aria che mi fa ancora la solita domanda……e adesso cosa facciamo???
Buttati!!! Gli dico. Non sono mica matta!!! Mi risponde. Buttati che dobbiamo raddrizzarla.
Ero arrabbiato, ero stanco di farmi prendere a sberle da questo vento e urlai di nuovo a Gigia di scendere dal suo “trespolo”. Con cautela e poco convinta scese in acqua e venne ad appendersi alla cima di ribaltamento.
Grazie all’albero stagno del Dart, la randa galleggiava a pelo d’acqua ed appena la sollevammo, il vento passandoci sotto, fece raddrizzare il Dart.
Questa volta Gigia non mi ha fatto la solita domanda, era gia salita sul trampolino con un’agilità insospettabile.
Ancora vento forte da NE, ancora condizioni di sopravvivenza.
Arranchiamo quasi in cappa per raggiungere lo scanno basso che era sommerso dall’acqua e aspettare che questa furia passi. Issiamo in secca il Dart e ammainiamo nuovamente la randa per pericolo di rottura stecche.
Almeno è uscito il sole e seduti sul Dart aspettiamo. Tanto cosa vuoi che duri questo vento, si sa che fra poco cala. Dopo un ora non accennava ancora a calare e intanto si faceva sera e avevamo freddo.
Decido si ritorna a secco di vele.
Gigia dubbiosa, mi chiede se questo è possibile.
Certo che è possibile, grazie all’albero che farà da vela, tanto dobbiamo andare in poppa e le onde ci daranno una mano.
Arrotolata e ben assicurata la randa, partiamo e la velocità non è neanche male, inoltre Gigia aprendosi il giubbotto di galleggiamento incrementava la superficie velica.
Ormai tranquilli che tutto sarebbe andato per il meglio, ci godiamo questa natura meravigliosa e la forza che può sprigionare anche in una soleggiata domenica di Agosto.
Il sole e al tramonto e fra i riflessi sull’acqua, in controluce si vedono i windsurf che saltano sulle onde, con vele che si armano un paio di volte in una stagione, se sei fortunato di esserci.
Si vede anche un gommone venirci in contro, è quello del circolo con il buon Umberto che preoccupato della nostra sorte aveva organizzato il salvataggio nonostante il mare lo rendesse rischioso. Vedendoci ci salutò…..tutto bene? ….Sì tutto bene, solo il fiocco non c’è più.
Anche senza vele, il Dart è veloce ……disse; sorrise, alzo la mano in segno di saluto……ci vediamo a riva.
Sì ci vediamo………Grazie Umberto per esserti preoccupato.
M.Pirani

(Sognando gli Alisei)

Antefatto della storia. 

Alcuni anni fa, agli inizi della neonata sezione velica del Circolo Nautico Volano, mi occupavo dell’organizzazione delle "regatine di circolo" e mi venne in mente di organizzare una regata, con lo spirito del record d’attraversata dell'oceano Atlantico, sul percorso; spiaggia di Volano circolo-Faro di Goro. 
Si doveva stabilire un record della tratta, che é di circa 10 miglia, direzione Est-Ovest andata e ritorno compresi; non spiego la macchinosa rilevazione dei tempi, ma la cosa poteva essere fatta, sia con spirito agonistico sia con fare turistico, poiché il tentativo di record poteva essere effettuato in solitario o singola imbarcazione in qualunque giorno della stagione estiva. Purtroppo la cosa destò solo interesse a "chiacchiere" e nessuno si era cimentato nell’impresa. Fu così che un pomeriggio di fine estate Io, il Dart ed un mio ex amico, decidiamo che era giunta l'ora di dare il buon esempio. Supportati da un vento di scirocco sui 15 nodi, favorevole per l'impresa, e sotto gli occhi di due soci testimoni, prendiamo il mare e finalmente determiniamo un tempo da battere.

 

La storia della Cometa

La Storia della COMETA
Un bel giorno del 1987 Fabio passeggiando lungo il Po grande, forse nei pressi di Seravalle vide questa barca e se ne innamorò, decise allora di portarla a Codigoro, quindi fece tutto il tragitto da Seravalle lungo il Po grande sino al mare poi entrò nel Po di Volano e quindi approdò a Codigoro in Riviera Cavallotti.
Da allora sulla Cometa messa a nuovo da lui stesso con grande passione si fecero mostre di pittura, cena fra amici, feste di Natale, serate musicali ( una volta eravamo in 140 invitati ).
In questi anni sulla Cometa penso ci siano passati un pò tutti, molti di questi con grandi idee di cosa potesse diventare la Cometa ma sono rimaste solo parole.
Nel mese di novembre 2003 Fabio purtroppo se ne è andato, e con Lui pochi giorni dopo la Cometa è affondata portando con se un mare di ricordi.
Ora non credo che nessuno di quelli con le grandi idee sia in grado di riportare la Cometa agli antichi splendori.
La Cometa è stata una cosa meravigliosa e se ne è andata con Fabio, a me personalmente e penso a pochi altri rimarranno entrambi nel nostro cuore..
Giorgio Zappaterra.

Un bel giorno del 1987 Fabio passeggiando lungo il Po grande, forse nei pressi di Seravalle vide questa barca e se ne innamorò, decise allora di portarla a Codigoro, quindi fece tutto il tragitto da Seravalle lungo il Po grande sino al mare poi entrò nel Po di Volano e quindi approdò a Codigoro in Riviera Cavallotti.

 

 

 

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